La Supernova 2020jfo

di Giorgio Ghio.

Maggio 2020.

La tecnica.
La spettroscopia astronomica amatoriale è un ottimo esercizio per conoscere il cielo e può essere iniziata con un reticolo (costo circa 110 Euro) da inserire davanti ad un ccd in bianco e nero. Un riflettore o anche un piccolo rifrattore (quest’ultimo di buona qualità ad evitare cromatismi) sono sufficienti per cominciare.

Identificata la stella da esaminare, occorre riprenderne alcuni spettri e poi rivolgere il telescopio verso la più vicina stella standard al fine di consentire la calibrazione dei segnali. Bisogna poi anche valutare la risposta strumentale, ossia correggere gli spettri in base alla specifica sensibilità del ccd impiegato. Dark e flat devono far parte delle immagini di servizio.

Il CPAP alcuni anni fa ha organizzato una valida introduzione alla materia, sia teorica che pratica, a cura di Marco Bruno e Roberto Leali. (pubblicata nella sezione Guide)

La Stella.
Una SN non è facile da analizzare; è dunque un oggetto che richiede una certa esperienza sia strumentale che teorica per essere correttamente trattato. La 2020jfo è stata scoperta il 6 maggio nella bella galassia M 61, che ne ha ospitate ben otto negli ultimi anni. L’analisi spettroscopica la classifica come appartenente al tipo II in quanto – superata la fase ‘palla di fuoco’ iniziale – cominciano ad emergere i primi segnali dell’idrogeno.

La sua attuale magnitudine di 14,7 – 15,0 rende problematico l’ottenimento di un buon rapporto segnale/rumore anche in quanto – come vedremo – il reticolo trasforma l’immagine puntiforme di partenza in una striscia (lo spettro) nella quale la luce disponibile viene ‘spalmata’ diluendola su di una grande superficie che quindi mostra una magnitudine unitaria superiore. Il seeing è importante anche per questa attività.

Le osservazioni.
Per seguire una SN occorrono 10-20 notti osservative in un intervallo almeno di 40-60 giorni. La stella in esame è tuttavia già in meridiano alle 22, per cui il tempo disponibile è molto ridotto; i dati qui presentati si riferiscono solo a quattro osservazioni in un arco temporale di 16 giorni. Per semplicità le osservazioni sono descritte in modo analitico e non sintetico.

Identificazione.
Inizialmente bisogna trovare la stella partendo da un’immagine della galassia che la ospita.

La fig.1 mostra M 61 da un atlante paragonata ad una mia ripresa; la SN è indicata dai due tratti.

Acquisizione di uno spettro standard.
Scelta Denebola come stella di riferimento (β Leo, tipo spettrale A2-3), ecco alcune modalità di presentazione del suo spettro.

In Fig.2 abbiamo ciò che si vede a video con reticolo ed esposizione da 0,3 secondi: a sinistra la stella è presente come ordine di riflessione ed a destra c’è la strisciata del primo ordine di diffrazione (spettro). Fra la stella e l’inizio dello spettro il ccd è cieco (non vede l’UV) e alla fine è buio perché non vede l’IR.

Si tratta di uno spettro di assorbimento, dove i segnali sono tratti scuri su fondo chiaro forse meglio visibili in Fig.3 dopo elaborazione di fig.2 con software VSpec: si tratta della comune serie Balmer dell’idrogeno.

La fig.4 è un’elaborazione calibrata di fig.2: le strisce scure sono diventate picchi discendenti e viene indicato un riferimento ai colori interessati. La lunghezza d’onda della luce è misurata in Angstrom (i numeri in basso, asse x), mentre i colori sono un gioco che qui non interessa.

La dispersione misurata è di 6,86 Å/px, che si può considerare la risoluzione dello spettro. In fig.5 sono indicati in verde i segnali Balmer (si chiamano H alfa, H beta, etc.) mentre il picco A indica l’assorbimento atmosferico principale (non è l’unico, dobbiamo sempre ricordare il filtro che ci sovrasta tutti e fa molti scherzi agli spettroscopisti dilettanti).

Spettro della SN.
Tornati su M 61 poniamo la galassia al margine sinistro della foto per consentire alle dispersioni di espandersi a destra come in fig.2. Tutti gli oggetti in campo mostreranno il loro spettro se sono puntiformi, mentre presenteranno immagini multiple di se stessi nel caso siano estesi (come M 61).

Inquadrare come in fig.6 può richiedere un po’ di tempo per assicurarsi di avere un campo corretto. Infatti si presenta così solo dopo aver allineato e sommato 60-80 immagini da 100-150 secondi in relazione alla magnitudine degli oggetti presenti: in diretta sulle prime non si vede quasi nulla. Coraggio!

Qui ho usato il binning 2x e la dispersione è quindi doppia rispetto a Denebola: 13,72 Å/px. Partendo dal basso a sinistra, in fig.6 abbiamo la galassia con il suo nucleo che sembra una stella e fornisce uno spettro diffuso (area chiara) in cui è riconoscibile la riga H alfa del nucleo che qui è però in emissione (su Denebola era in assorbimento) ossia è una luce più brillante dello sfondo e non un tratto buio su fondo chiaro: l’ho chiamata HaM61.

Accanto ad M 61 un po’ in alto si trova la SN il cui debole spettro (che sfiora una stella) mostra a sua volta un’emissione Hα nella posizione indicata come HaSN (si nota appena, ma il sw la vede).

Riconoscere un segnale consente di calibrare gli spettri in lunghezza d’onda (asse x) mentre la calibrazione in flusso (asse y) richiede standard stellari specifici e calcoli radiometrici non sempre eseguibili dai dilettanti (qui ad esempio serve un software dal sinistro nome di ISIS).

A questo punto con la SN siamo nelle condizioni di fig.2, ma con il vantaggio di aver calibrato sia con una stella standard come Denebola (procedura esterna) che con la SN + M 61 (procedure interne alla foto). Selezionando lo spettro della SN presente in fig.6 e trattandolo con VSpec si ricava la fig.7 dove il grafico è stato allineato allo standard esterno (Denebola).

Qui si vede bene che la serie di Balmer è presente in assorbimento nel Ref (Denebola) mentre si trova in emissione nella SN per Hα ed Hβ (picchi all’insù); gli unici punti identici sono l’assorbimento della luce dovuto all’atmosfera (Atm) e l’ordine di riflessione iniziale (il forte segnale tutto a sinistra).

Abbiamo quindi caratterizzato la SN come di tipo II (c’è la serie dell’idrogeno), ma per ora non si vede nient’altro. Per non complicare espongo nella nota tecnica la fase di compensazione della risposta ccd.

Cosa potrebbe succedere alla SN.
Se fa come le altre che ho osservato, dopo un po’ la temperatura scende e compaiono i segnali spettroscopici di vari elementi quali calcio, ferro, elio, sodio; la caratterizzazione si fa più interessante, ma la magnitudine sale ancora e da dilettanti è sempre più difficile vedere qualcosa.

Nota tecnica.
Le fig. 4, 5 e 7 riportano spettri non corretti per la risposta strumentale; per fare spettroscopia invece è assolutamente necessario correggere, altrimenti leggo il ccd oltre alla la stella. Ecco un esempio:

Confrontando la fig.5 con la fig.8 non si nota una certa somiglianza? Eh si, … la fig.8 riporta la risposta del sensore Sony ICX 285 che equipaggia il mio ccd di ripresa. I numeri sull’asse x sono le lunghezze d’onda in nm (nanometri) mentre in fig.5 abbiamo gli Angstrom, ma basta moltiplicare per 10. Così a 4.000 Å (ossia 400 nm) il ccd ha una risposta del 50% (0,5 in fig.8), mentre ad 8.000 Å la risposta è del 40% (0,4).

Come già detto, il ccd è cieco sia all’UV che all’IR perché riproduce la trasmittanza dei nostri occhi. Del resto l’atmosfera terrestre blocca parte degli UV e dell’IR, per cui uno spettro completo si ottiene solo in orbita. Per compensare questo limite e vedere il ‘vero’ spettro di Denebola occorre costruire la curva di trasmittanza del ccd e sottrarla allo spettro grezzo. Il risultato è in fig.9: cambia tutto!.

Qui si vedono i primi 10 segnali della serie di Balmer  con le loro lunghezze d’onda in Å chiamati Hα, Hβ, Hγ, etc. come abbiamo già visto: questo è lo spettro di una stella A2-3 tipo Denebola con buon seeing. Sull’asse y abbiamo l’intensità: la stella è calda ed andando verso le alte energie (lunghezze d’onda minori, temperature più alte, vedi la freccia) il segnale aumenta ed i picchi si addensano fino al cosiddetto salto nel continuo ma il ccd non vede questa fase. Solo con tale sistema si possono eseguire calcoli radiometrici: la forma a campana del ccd è scomparsa. Non ho fatto la stessa cosa per la SN in quanto la debolezza dei segnali dovuta alla fase ‘palla di fuoco’ in cui si trova la stella avrebbe sommerso i modesti picchi dell’idrogeno durante le trasformazioni. 

Nel caso di una stella assai più fredda (es. Betelgeuse, fig.10) l’andamento della curva è opposto: il segnale aumenta verso le basse energie (lunghezze d’onda maggiori, temperature inferiori).

Con lo spettro in fig.10 ho misurato la temperatura di Betelgeuse quest’inverno, quando si attendeva la sua eventuale esplosione a SN: in realtà aveva la sua solita temperatura media e per il momento lo spettacolo è stato rinviato. Con un reticolo da 100 Euro si possono quindi calcolare molte caratteristiche delle stelle: composizione chimica, redshift, velocità radiali, temperatura superficiale. Questo vale però solo per stelle o quasar brillanti; gli oggetti estesi (come nebulose e galassie) richiedono un vero spettrofotometro, molto più costoso pesante e complicato da usare.

Ma anche con tali limiti c’è davvero tanto da osservare!

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